Crisi d'Impresa e Insolvenza
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33608 - pubb. 23/09/2025
Liquidazione giudiziale – Ricorso per cassazione e responsabilità del legale rappresentante ex art. 51, comma 15, CCII
Cassazione civile, sez. I, 16 Settembre 2025, n. 25402. Pres. Ferro. Est. D'Aquino.
Liquidazione giudiziale – Ricorso per cassazione – Affermazione del presupposto della responsabilità del legale rappresentante di cui all’art. 51, comma 15, CCII
In tema di ricorso per cassazione avverso la sentenza di rigetto, da parte della corte d’appello, del reclamo avverso la pronuncia con cui è disposta l’apertura della liquidazione giudiziale, l’affermazione del presupposto della responsabilità del legale rappresentante di cui all’art. 51, comma 15, CCII non discende dall’avere la società o l’ente dato causa a un giudizio infondato, bensì, secondo la formulazione della norma – applicabile alla fattispecie ratione temporis e precedente la novella del d. lgs. n. 136/2024 - dall’avere egli agito senza la normale prudenza (colpa grave) ovvero con mala fede, conferendo la procura per l’impugnazione; la conseguente condanna in solido al pagamento delle spese del giudizio e al raddoppio del contributo unificato (ex art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002), può essere censurata, mediante il ricorso per cassazione, unicamente dalla parte da essa incisa, così che, in assenza della relativa autonoma impugnazione, individualmente o anche congiuntamente alla società proposta, si forma il giudicato interno in relazione a tale capo della decisione; ne deriva che il relativo ricorso per cassazione proposto su tale capo della sentenza dalla sola società è inammissibile. (Principio di diritto enunciato nella decisione)
La Suprema Corte, nella motivazione, ha affermato che:
“Appare evidente, peraltro, la funzione della norma in esame, volta a dissuadere gli organi di società o enti assoggettati a liquidazione giudiziale dal proporre reclami manifestamente infondati, in quanto attività processuale – in caso di rigetto dell’impugnazione – realisticamente priva di effetti economici almeno immediati sul patrimonio del soccombente e, per converso, gravida di conseguenze per le altre parti processuali e in genere per i soggetti interessati a un ordinato ed efficiente andamento distributivo della procedura concorsuale. In caso di rigetto del reclamo, da un lato ed infatti, i creditori della liquidazione giudiziale si vedono gravati di un costo prededucibile per l’attività prestata dal difensore della curatela, senza prospettive di recupero nei confronti della società insolvente (il cui patrimonio è già acquisito all’attivo della procedura).
Parimenti, il creditore istante, litisconsorte necessario del giudizio, non può di per sé trovare soddisfacimento all’interno della procedura concorsuale, non essendo le proprie spese processuali sostenute nell’interesse della massa dei creditori (Cass., n. 22725/2019; Cass., n. 1186/2006), al pari delle spese del difensore della società insolvente (Cass., n. 5821/1994).
Il legislatore ha, pertanto, inteso introdurre un criterio correttivo che, indipendentemente dal disposto dell’art. 94 cod. proc. civ., consenta al giudice del reclamo di accertare, con la pronuncia relativa alle spese processuali, la responsabilità speciale del legale rappresentante della società reclamante, al fine di dare attuazione sostanziale al principio di responsabilità processuale per avere il soccombente dato causa a un giudizio infondato (Cass., n. 1123/2022). Si tratta, come anticipato, di un istituto a natura sanzionatoria, peraltro attenuata nella formulazione in vigore (per i procedimenti pendenti alla data del 28 settembre 2024), in quanto ora regolato da una norma applicabile solo in caso di mala fede e, in ogni caso, sprovvista – almeno enunciativamente - dell’onere del giudice del reclamo di procedere alla revoca della eventuale ammissione al gratuito patrocinio.” (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)
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