Diritto dei Mercati Finanziari
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 38 - pubb. 01/07/2007
Clientela retail e doveri informativi dell'intermediario
Tribunale Genova, 12 Aprile 2005. ..
Intermediazione finanziaria – Mercato secondario – Prodotti destinati ad investitori istituzionali – Cessione a clientela retail – Ammissibilità
Intermediazione finanziaria – Know your merchandise rule – Strumenti non quotati e privi di rating – Obblighi dell’intermediario
Intermediazione finanziaria – Obblighi dell’intermediario – Correttezza e buona fede – Interesse del cliente
Intermediazione finanziaria – Adeguatezza dell’operazione – Execution only – Obblighi dell’intermediario – Insussistenza
Intermediazione finanziaria – Giudizio di risarcimento del danno all’investitore – Testimonianza del funzionario della banca – Inammissibilità
Deve considerarsi legittima la cessione alla clientela retail di prodotti destinati ad investitori istituzionali qualora l’operazione abbia luogo nell’ambito del mercato secondario nella fase successiva al collocamento.
Vige a carico degli intermediari un obbligo di conoscenza che è più della
semplice informazione, conoscenza che l’investitore risparmiatore non potrà mai
acquisire, tanto più in relazione ad un titolo non quotato ed in assenza di
rating.
L’intermediario ha l’obbligo di curare l’interesse dell’investitore e tale
obbligo costituisce espressione del generale principio di correttezza e buona
fede e impone al primo di valutare l’adeguatezza di ogni operazione disposta
dal secondo.
La sola ipotesi in cui l’intermediario non è tenuto a valutare l’adeguatezza
dell’operazione è quella è quella in cui il servizio prestato si limita alla
mera esecuzione o trasmissione degli ordini dell’investitore, senza che sia
fornita dall’intermediario alcuna indicazione circa le operazioni da effettuare
(c.d. execution olny). Nel caso in cui, invece, il servizio prestato consegue
ad una consulenza anche solo illustrativa o strumentale, l’intermediario svolge
un ruolo attivo nel processo formativo della volontà dell’investitore e,
pertanto, sussiste a carico dell’intermediario l’obbligo di valutazione.
Ai sensi dell’art. 2049 c.c., il committente è responsabile in solido con il
dipendente nei confronti del danneggiato per cui l’investitore avrebbe dovuto
convenire quale soggetto passivo della pretesa fatta valere contro il convenuto
anche il funzionario della banca che ha curato l’operazione finanziaria, il
quale, pertanto, deve essere considerato incapace a testimoniare ai sensi
dell’art. 246 c.p.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 16.6.2004 A. S., in proprio e quale erede di Enrico Giuseppe P., insieme ai coeredi Gabriella P., Enrica P. Gianfranco P. e Michela P. convenivano in giudizio la Banca Popolare di Lodi s.c.a.r.l allo scopo di ottenere da questo Tribunale pronuncia di dichiarazione di nullità del contratto di compravendita delle obbligazioni per violazione delle norme imperative di cui al TUF ed in relazione all'art. 1418 c.c. condannando per l'effetto la società convenuta alla restituzione della somma di € 734.192,17, in subordine, chiedeva di dichiarare l'annullamento del medesimo contratto ai sensi dell'art. 1439 c.c. o, in ulteriore subordine, dell'art. 1427 c.c. condannando per l'effetto la società convenuta alla restituzione della somma di € 734.192,17, in via ulteriormente subordinata, chiedeva di accertare la responsabilità precontrattuale ex art. 1337, 1338, 1440 e 2043 c.c. del Banco di Chiavari e, per l'effetto, condannare la banca convenuta al risarcimento di tutti i danni e, in ogni caso, dichiarare tenuta e condannare la banca convenuta al risarcimento del danno.
Assumeva a sostegno che il 31.1.2001, avendo deciso di estinguere tutti i rapporti contrattuali con il Credito Italiano, Enrico Giuseppe P., insieme alla moglie A. S., si recava presso l'agenzia n. 16 del Banco di Chiavati e della Riviera Ligure, che la direttrice dell'agenzia proponeva un investimento in un titolo obbligazionario "Cirio 7,5% 2002" emesso da Cirio Finance Luxembourg s.a., che Enrico Giuseppe P. decideva di aderire alla proposta per un controvalore pari a € 734.192;17, che la direttrice dell'agenzia non aveva fatto presente che le suddette obbligazioni avevano un margine di rischio elevato, né la gravità della situazione debitoria del gruppo CIRIO, che aveva firmato il modulo per l'acquisto senza leggerlo e non aveva ricevuto alcuna documentazione relativa all'investimento, neppure successivamente al "default" del primo titolo del gruppo CIRIO quando parte attrice si era recata più volte presso l'agenzia per chiederla.
Esponeva che le obbligazioni acquistate appartenevano a emissioni effettuate da parte di società estere controllate da Cirio Holding s.p.a. facenti parte del Gruppo Cirio, il cui indebitamento finanziario era conosciuto dagli istituti di credito.
Sostiene parte attrice la responsabilità della banca convenuta in quanto inadempiente agli obblighi generali di buona fede e correttezza e per aver scientemente violato la normativa in materia di prodotti finanziari.
In particolare, secondo la tesi di parte attrice, la banca avrebbe violato l'art. 21 TUF per il comportamento tenuto nei confronti dell'investitore, il contratto sarebbe nullo ai sensi dell'art. 1418 c.c. per contrarietà alle norme imperative di cui alD. Lgs. 24.2.1998 TUF, è comunque annullabile per vizio dei consenso dell'investitore ai sensi dell'art. 1427 c.c., alla banca è altresì addebitabile una responsabilità precontrattuale e un conflitto di interessi, oltre che uno specifico inadempimento all'obbligo di non vendere agli investitori "retail".
Parte convenuta si costituiva in giudizio contestando le opposte pretese delle quali chiedevano il rigetto.
Rilevava che era stato il cliente, debitamente sconsigliato dalla direttrice dell'agenzia della banca che l'aveva avvertita dei rischi dell'investimento a voler effettuare comunque l'operazione, che pertanto erano state rispettate dall'istituto di credito tutte le prescrizioni normative.
Successivamente alle produzioni e alle difese di parte convenuta, parte attrice rileva, altresì, la nullità, per difetto di forma scritta nel c.d. "contratto-quadro", del contratto di vendita avente come oggetto il bond - obbligazione denominato "Cirio 7,5% 2002", emesso da Cirio Finance Luxembourg s.a. in quanto il "contratto-quadro" è stato stipulato sette giorni dopo l'acquisto dei titoli avvenuto il 31.1001.
Dopo lo scambio di memorie di repliche e il rigetto del reclamo contro l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione, veniva ai sensi dell'art. 12 comma III del D.lgs. 5/2003 fissata l'udienza di discussone della causa davanti ai Collegio e le parti provvedevano a depositare le memorie conclusionali. Accolte le istanze istruttorie volte all'escussione del teste direttrice dell'agenzia della banca che aveva curato l'operazione finanziaria ed acquisita la documentazione prodotta dalla banca convenuta, le parti insistevano nelle rispettive difese.
MOTIVIDELLA DECISIONE
La domanda della parte attrice è volta ad ottenere la condanna della banca alla restituzione delle somme corrisposte a titolo di investimento, in quanto l'istituto di credito avrebbe violato l'art. 23 TUF, per difetto di forma scritta nel c.d. "contratto-quadro", per violazione dell'art. 21 TUF per il comportamento tenuto nei confronti dell'investitore, per nullità del contratto ai sensi dell'art. 1418 c.c. per contrarietà alle norme imperative di cui al D. Lgs. 24.2.1998 TUF, sua annullabilità per vizio del consenso dell'investitore ai sensi dell'art. 1427 c.c., per responsabilità precontrattuale della banca, per conflitto di interessi, oltre che uno specifico inadempimento all'obbligo di non vendere agli investitori "retail".
Partendo dall'esame di quest'ultimo rilievo si osserva che il caso in esame non si colloca nella fase di mercato primario (o di emissione), che intercorre fra l'emissione dei titolo ,da parte dell'impresa, avvenuta, in concreto, adottando non la modalità di offerta diretta al pubblico (sollecitazione all'investimento), ma l'offerta diretta a investitori istituzionali, e la sua sottoscrizione da parte dell'investitore, bensì nella fase successiva di mercato secondario, in cui il titolo, già in possesso dell'investitore, viene negoziato con altro investitore.
Si tratta di una modalità divendita del tutto legittima, che, peraltro, deve avvenire secondo regole contenute nel TUF e nella regolamentazione attuativa emanata dalla Consob per disciplinare l'attività degli intermediari finanziari. A quest'ultima categoria appartengono anche, le banche, quali soggetti abilitati alla sollecitazione all'investimento cioè all'offerta al pubblico di vendita o sottoscrizione di prodotti finanziari, tra i quali rientrano le obbligazioni negoziabili sul mercato dei capitali (art. 18 D.Lgs. 24.2.1998 n.58).
La normativa di settore è raccolta nel T.U. 24.2.98 n. 58 delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e del successivo regolamento attuativo del 1.7.98 che ha specificato i doveri degli intermediari conglobati nei principi codificati nel richiamato testo unico.
Tale normativa integra lo statuto dell'intermediatore finanziario e deve applicarsi come regola generale di comportamento a tutte le operazioni eseguite ove non sia disposto diversamente dalla legge.
La rigorosa disciplina di vigilanza contenuta nel D. Lgs. 1.9.1993 n. 383 (TUB) è volta ad assicurare un regime di ampia garanzia nei rispetto del principio di trasparenza sancito dall'art. 11 TUB nell'esercizio dell'attività creditizia e richiamata dalla norma di rinvio contenuta nel comma 4° dell'art. 19 D. Lgs. 24.2.1998 n.58 (TUF), che stabilisce i requisiti occorrenti per svolgere l'attività bancaria in senso tecnico e i requisiti di affidabile ingresso dell'ente creditizio nel settore dell'intermediazione finanziaria non bancaria (v. Tribunale di Roma sentenza dell'8.10.2004)
In particolare l'art. 21 TUF impone agli intermediari nell'attività di servizi di investimenti ed accessori di:
a- comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati;
b- acquisire le informazioni necessarie dei clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c- organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d- disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;
e- svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.
La banca convenuta assume la piena legittimità delle operazioni compiute sottolineando che la richiesta di acquisto è stata formulata dal cliente e che essa ha dovuto accettare detta richiesta, in quanto dopo aver avvertito l'investitore della non adeguatezza dell'operazione non aveva a disposizione alcuno strumento per non dare seguito all'investimento avendo parte acquirente reso la dichiarazione di cui all'art. 28 TUF.
In realtà i doveri imposti dalla banca si sostanziano essenzialmente nel dovere di informarsi e nel dovere di informare.
Le regole generali di comportamento sono sancite dall'art. 21 co. 1 lett. d) TUF: "disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi" e dall'art. 26 D. Consob 11522/98, tra le quali alla lett. e) è previsto che "Gli intermediari autorizzati, nell'interesse degli investitori e dell'integrità del mercato mobiliare., e) acquisiscono una conoscenza degli strumenti finanziari, dai servizi nonché dei prodotti diversi dai servizi di investimento, propri o di terzi, da essi offerti, adeguata al tipo di prestazione da fornire."
La suddetta normativa pone a carico degli intermediari e nell'interesse degli investitori un obbligo di conoscenza, che è più della semplice informazione, sui prodotti da loro offerti, conoscenza che si estende alla loro provenienza, alla situazione degli stessi nei mercati, alla loro destinazione tra il pubblico dei consumatori.
Va sottolineato che si tratta di conoscenza che l'investitore risparmiatore, per esperienza, per cultura o per diverso campo lavorativo non potrà mai acquisire, pervenendo ad un giudizio completo sulla operazione finanziaria che si appresta a sottoscrivere. Tanto più, se si considera che la negoziazione in esame è stata posta in essere per un titolo "non quotato" e in assenza di rating. (v. Tribunale di Roma sentenza dell'8.10.2004)
Le circostanze dedotte da parte attrice, da considerare provate ai sensi dell'art. 13 D.Lgs. 5/2003, evidenziano che la banca si è del tutto sottratta al dovere di informare la cliente in ordine alla tipologia e affidabilità del titolo e, dunque, al livello relativo di adeguatezza e, comunque, ha assunto in tale attività un comportamento non diligente e non rispondente al "need of protection" degli investitori non professionali.
La violazione da parte della convenuta degli obblighi a suo carico è consistita, in secondo luogo, nel non aver adeguatamente tenuto in considerazione le informazioni acquisite dal cliente nella esecuzione dell'operazione, che avrebbe dovuto essere conforme a quei principi di diligenza, correttezza e trasparenza, imposti dalla lett. a dell'art. 21 TUF e dalle generali prescrizioni del codice civile secondo il disposto dell'art. 1337 c.c.
Si ricorda che l'art. 29 del regolamento CONSOB impone agli intermediari di astenersi dall' effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione. Dispone in tal senso il 2° comma dell'art. 29 D. Consob 11522/98 che: "Gli intermediari finanziari si astengono dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all'art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in ordine ai servizi prestati."
Di conseguenza, l'acquisizione della dichiarazione di cui all'art. 28 non esaurisce l'obbligo di diligenza imposto all'intermediario per dare corso all'operazione, dovendo questi tenere conto di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
Secondo una interpretazione prevalente nella giurisprudenza ed in dottrina, l'acquisizione delle notizie previste dall'art. 28 lett. A non è decisiva per stabilire se l'intermediario debba procedere o debba astenersi dall'operazione per inadeguatezza della stessa. In particolare, la Consob ha precisato con comunicazione n. D1/30396 dei 21.4.2000 che: "...in nessun caso gli intermediari sono esonerati dall'obbligo di valutare l'adeguatezza dell'operazione disposta dai clienti, neanche nel caso in cui l'investitore abbia rifiutato di fornire le informazioni sulla propria situazione patrimoniale o finanziaria, obiettivi di investimento e propensione al rischio; nel caso la valutazione andrà condotta in ossequio dei principi generali di correttezza, diligenza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui l'intermediario sia in possesso (es. età, professione, presumibile propensione al rischio anche alla luce dalla pregressa ed abituale operatività, situazione del mercato...)".
Per le specifiche informazioni rese e per essere l'investitore soggetto titolare di conti correnti presso la banca, le notizie in possesso dell'intermediario rendevano chiaro che si trattava di soggetto nei cui confronti l'operazione di negoziazione proposta non fosse adeguata sia in relazione alla circostanza di un unico investimento di rilevante importo sia in relazione alla tipologia dei titolo.
In conclusione: l'intermediario è venuto meno all'obbligo di curare l'interesse dell'investitore, obbligo che costituisce espressione del generale principio di correttezza e buona fede e impone al primo di valutare l'adeguatezza di ogni operazione disposta dal secondo (art. 29 Reg. Consob. N. 11522/98).
La circostanza che all'investitore sia stato consegnato il documento sui rischi generali degli investimenti finanziari non è sufficiente a soddisfare tale esigenza di tutela del risparmiatore, trattandosi di informativa del tutto generica che non garantisce quella conoscenza concreta ed effettiva del titolo negoziato che l'intermediario deve assicurare in modo da rendere il cliente capace di tutelare il proprio interesse e di assumersi consapevolmente i rischi dell'investimento compiuto.( v. Tribunale di Roma sentenza dell'8.10.2004)
Si ricorda che la norma regolamentare in materia dispone che in presenza di una operazione non adeguata l'intermediario debba astenersi dal dare esecuzione all'operazione se prima non abbia avvertito l'investitore e ottenuto dal medesimo l'espressa autorizzazione ad agire ugualmente.
Questo onere della banca è funzionale alla realizzazione del migliore risultatopossibile per il cliente; una valutazione che va fatta non in senso assoluto ma (come specificato anche nell'art. 26 lett. f del suddetto regolamento) in relazione al livello di rischio prescelto per sé da ciascun investitore. Si ritiene che la sola ipotesi in cui tali obblighi di valutazione dell'adeguatezza e di correlata astensione dall'agire non si applicano è quella in cui il servizio prestato si limiti alla mera esecuzione o trasmissione degli ordini dell'investitore, senza che sia fornita dall'intermediario alcuna indicazione circa le operazioni da effettuare e sempre che vi sia stata da parte dell'intermediario una preventiva individuazione scritta dei limiti quantitativi e delle tipologie di strumenti finanziari, di operazioni e di ordini entro i quali le operazioni sono considerate automaticamente adeguate (c.d. execution only).
Ne caso in cui, invece, tale servizio consegue ad una consulenza anche solo illustrativa o strumentale, l'intermediario svolge un ruolo attivo nel processo formativo della volontà dell'investitore e, pertanto, sussiste a carico dell'intermediario l'obbligo di valutazione.
Nella presente fattispecie, questa attività di consulenza deve ritenersi avvenuta avendo parte attrice affermato di essersi indotta all'acquisto di titoli su indicazione della direttrice della agenzia, considerato, altresì, che non aveva l'investitore alcuna possibilità di conoscere altrimenti tali titoli, in quanto la relativa negoziazione è avvenuta per un titolo "non quotato".
Ha dedotto dei capitoli di prova la Banca per tentare di dimostrare di aver avvertito l'investitore della non adeguatezza dell'investimento, ma ha indicato quale unico teste la direttrice dell'agenzia della banca che ha curato l'operazione.
Occorre a tale riguardo affrontare la questione sulla utilizzabilità del teste Cecilia Alberti, direttrice dell'agenzia della banca che aveva curato l'investimento operato da parte attrice.
L'interesse a partecipare al giudizio previsto come causa d'incapacità a testimoniare dall'art. 246 cod. proc. civ. si identifica con l'interesse a proporre la domanda e a contraddirvi previsto dall'art. 100 dello stesso codice, sicché deve ritenersi colpito da detta incapacità chiunque si presenti legittimato all'intervento in giudizio, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva e legittimazione passiva, tra legittimazione primaria e secondaria (intervento adesivo dipendente), tra intervento volontario e intervento su istanza di parte. In particolare, è incapace di testimoniare chi potrebbe, o sarebbe potuto, essere chiamato dall'attore, in linea alternativa o solidale, quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario, nonché il soggetto da cui il convenuto originario potrebbe, o avrebbe potuto, pretende e di essere garantito (v. Cass. 03/04/1998 n. 3432)
La presente fattispecie rientra, pertanto, nella suddetta previsione in quanto ai sensi dell' art 2049 cod. civ. il committente è responsabile in solido con il dipendente nei confronti del danneggiato (v. Cass.11/05/1973 n. 1267) per cui l'investitore avrebbe potuto convenire quale soggetto passivo della stessa pretesa fatta valere contro il convenuto originario anche il funzionario della banca che ha curato l'operazione finanziaria.
Ne consegue che quest'ultimo era incapace a testimoniare secondo il dispostodell'art. 246 cod. proc. civ.
La nullità della testimonianza resa da persona incapace ex. art. 246 cod. proc. civ. deve, peraltro, essere eccepita subito dopo l'espletamento della prova ai sensi dell'art. 157, comma secondo, salvo il caso in cui il procuratore della parte interessata non sia stato presente all'assunzione del mezzo istruttorio, nella quale ipotesi la nullità può essere eccepita nell'udienza successiva, senzache la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare, a norma dell'art. 246 cod. proc. civ. , possa ritenersi comprensiva della eccezione di nullità delle testimonianze comunque ammesse ed assunte nonostante quella previa opposizione. (v. Cass. 01/07/2002 n.9553 , Cass. 07/08/2004 n. 15308, Cass. 27/10/2003 n.16116)
L'incapacità del testimone, per essere direttamente interessato all'accertamento giudiziale, rende nulla la sua deposizione e la relativa eccezione deve essere sollevata dalla parte interessata nell'udienza di escussione del teste o nella prima udienza successiva, non potendo essere rilevata d'ufficio in quanto la disposizione non è preposta alla tutela di un interesse pubblicoma esclusivo delle parti.(v. Tribunale di Verona Sentenza dei 15/07/2002)
Parte attrice non ha dedotto né in sede di udienza né successivamente la incapacità a testimoniare della direttrice della agenzia della banca, pertanto, questo Collegio dovrà tenerne conto ai fini della decisione.
La teste ha dichiarato diaver avvertito l'investitore della inadeguatezza dell'investimento e di aver tentato di dissuaderlo, ma che il cliente aveva, comunque, voluto investire quella rilevante somma in quell'unico titolo. Tali circostanze, peraltro, non risultano da alcuno dei documenti prodotti dalle parti, in particolare non è agli atti l'ordine di acquisto dei titoli. Il tipico modello predisposto dalla banca con la possibilità di scelta dell'investitore fra una serie di opzioni diverse tra loro, che seguono la dizione : "vi informiamo che l'operazione oggetto del presente ordine: è una operazione non adeguata, in relazione:", cui seguono le possibili ragioni di inadeguatezza, non risulta da alcuno dei documenti allegati dalle parti. La generica informazione orale cui fa cenno la direttrice dell'agenzia della banca non può essere considerata, sicuramente, senza altre specifiche indicazioni, rispondere alla, prescrizione di informare adeguatamente l'investitore degli specifici rischi suddetti secondo il disposto del comma 1, dell'art. 21 del d.lgs. 58 del 1998 e l'art. 28, comma 2, della deliberazione 1 luglio 1998 n. 11522, né si può ritenere che con quel generico avvertimento l'investitore sia stato messo al corrente "delle ragioni per cui non" fosse opportuno procedere" all'esecuzione di tale operazione secondo la prescrizione di cui all'art. 29, comma 3, della deliberazione 1 luglio 1998 n. 11522.
La banca stessa avendo dichiarato attraverso la propria funzionaria la inadeguatezza dell'operazione ha riconosciuto che il dovere di informativa doveva essere specifico e non riferito genericamente alla dichiarazione di non adeguatezza della operazione e con il tentativo generico di sconsigliare l'operazione ha altresì riconosciuto che era consapevole della non adeguatezza dell'investimento con riferimento all'investitore.
I pochi documenti prodotti dalla banca relativi all'investimento in oggetto confermano ancor più la valutazione della violazione degli obblighi di informativa ai cliente e dal cliente.
Risulta agli atti un modulo intitolato "informazioni rilevanti sulla situazione finanziaria e sugli obiettivi di investimento" firmato dagli investitori, ma sui quale non è stata apposta alcuna data, il quale prevede una serie di ipotesi che il cliente deve barrare con una crocetta di seguito ai sottotitoli "esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari" che risulta barato nella casella "Buona", "situazione finanziaria" barrato nella casella "oltre 500 milioni", "obiettivi di investimento" barrato nella casella "pura redditività", "propensione al rischio" barrato nella casella "Alta".
L'unico altro documento agli atti che riporta la sottoscrizione degli investitori è il "contratto per la negoziazione, la ricezione e la trasmissione di ordini su strumenti finanziari" in quale riporta nelle premesse una serie di ipotesi sempre da barrare con la crocetta, la quale risulta apposta sotto l'indicazione "non abbiamo ritenuto di fornirvi le informazioni richieste: sulla esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, sulla situazione finanziaria, sugli obiettivi di investimento, sulla propensione al rischio. Documento che risulta firmato il 7.2.2001.
Solamente questi due documenti, di tutta la documentazione che deve essere fornita dalla banca e da quest'ultima sottoposta alla sottoscrizione dell'investitore, è stato, quindi, provato che è intercorsa fra le parti e si tratta di documenti che riportano dichiarazioni assolutamente contrastanti fra di loro, non solo, quello che dovrebbe essere il documento atto a dimostrare l'alta propensione al rischio dell'investitore è altresì privo di data. Essendo applicabile il co. 6 dell'art. 23 TUF a stregua del quale: "Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di avere agito con la diligenza richiesta." La banca convenuta avrebbe dovuto adempiere a detto onere.,
Non avendovi adempiuto, ne consegue che può concludersi nel senso che la Banca convenuta non ha affatto ottemperato agli specifici e circostanziati obblighi che la disciplina di settore le imponeva nei riguardi del cliente investitore, lasciando costui nell'ignoranza circa i reali rischi che l'operazione comportava. (v. Tribunale di Taranto Sentenza n. 2273 del 27 ottobre 2004)
Si ritiene, pertanto, accertata la violazione dei doveri di informarsi e di informare incombente sulla banca negoziatrice e, in particolare, l'omessa informazione sulle caratteristiche dei titoli venduti, sulla non destinazione primaria ai risparmiatori e sul gruppo cui appartengono le emittenti. Le violazioni degli obblighi della banca imposti dalla normativa, peraltro, risultano essere ancora più gravi ed emergono proprio dalla documentazione prodotta dalla banca stessa e dalla testimonianza della sua unica teste. Risulta pacifico fra le parti che Enrico Giuseppe P. ha sottoscritto l'ordine di acquisto dei titoli il 31.1.2001, il "contratto per la negoziazione, la ricezione e la trasmissione di ordini su strumenti finanziari" risulta firmato dagli investitori il 7.2.2001 e, la circostanza, non disconosciuta dalla banca, è stata altresì confermata dalla teste la quale ha dichiarato "Al momento dell'ordine gli consegnai la copia dell'ordine mentre il contratto, siccome il conto corrente e il conto titoli erano intestati alla moglie non presente, mi incaricai diraccogliere la firma presso la abitazione della moglie, cosa che feci entro la settimana"
Risulta, inoltre, prodotto un ulteriore modulo intestato "Banco di Chiavari e della Riviera Ligure" con l'indicazione della controparte "Profilo" avente ad oggetto "Ns. acquisto titoli" con la specifica delle "caratteristiche del titolo" Cirio 7,5% 3.11.2002", e l'indicazione "operazione numero 79150 del 31 gennaio 2001" con "valuta 5.2".
Ne consegue che labanca contestualmente all'ordine di acquisto ha provveduto nella medesima giornata a reperire presso la Banca profilo i titoli richiesti dal cliente e li ha immessi nel suo portafoglio titoli con valuta 5.2.2005, pertanto, antecedentemente alla sottoscrizione del contratto-quadro ha data volontaria esecuzione all'ordine di acquisto.
Prospetta, al riguardo, parte attrice la tesi secondo cui nella fattispecie sussisterebbe la nullità della operazione finanziaria.
Nullità che secondo la prospettazione attorea si fonda sulla pretesa violazione dell'art. 23 del Decreto legislativo n.58/98 che esige, a pena di nullità, il requisito della forma scritta per i contratti relativi alla prestazioni di servizi di investimento ed accessori .
Al contratto quadro, per il quale è imposta la forma scritta a pena di nullità, viene invece lasciata la libertà dì individuare le modalità con le quali il cliente impartisce ordini e disposizioni.
La nullità del contratto per violazione dell'art 23 del Decreto legislativo n.58/98 consegue alla circostanza evidenziata dalle esaminate risultanze testimoniali e documentali che il contratto quadro è stato sottoscritto successivamente all'ordine di acquisto dei titoli e alla sua esecuzione da parte della banca, pertanto, nel caso in esame si può parlare di vizio genetico, relativo alla conclusione del contratto.
Resta, quindi, ultroneo esaminare ancora la denunciata violazione dell'art 21 del TUIF relativamente alla parte in cui impone che una organizzazione che "riduca al minimo il rischio di conflitti di interessi e che "in situazione di conflitto", impone di "agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento" così come la domanda di annullamento dei contratti per errore o dolo.
Relativamente al danno si osserva che è pacifico essersi verificato il rischio che avrebbe dovuto costituire oggetto di apposita ed espressa informativa, ossia il default in relazione alle obbligazioni emesse, ossia essersi determinata l'assoluta incertezza in ordine al recupero del capitale investito, da parte del risparmiatore
La convenuta non ha neppure contestato la sussistenza del danno, che risulta evidente in quanto le obbligazioni non sono più negoziabili sul mercato e non appaiano, allo stato, suscettibili di rimborso.
Ne consegue il diritto dell'investitore a recuperare il capitale investito nei confronti della banca che, col suo comportamento inadempiente, ha messo l'investitore inconsapevole nella situazione di accollarsi i rischi dell'investimento, per cui l'azione di recupero del capitale dovrà essere posta in capo all'inadempiente.
Deve essere, pertanto, accolta la domanda di parte attrice con conseguente condanna della banca convenuta al rimborso della somma di € 734.192,17. Richiede parte attrice anche gli interessi e la rivalutazione monetaria, peraltro, non essendo stato dimostrato che investimenti finanziari alternativi avrebbero reso interessi superiori al tasso legale, si ritiene di attribuirli in tale misura, dalla data dell'investimento, 31.1.2001, al saldo, considerato il mancato godimento della somma per tale periodo.
Nessuna prova è stata, invece, fornita relativamente alle altre voci di danno richieste né elementi che possano consentirne una valutazione equitativa. Dalla soccombenza deriva che parte convenute dovrà rispondere delle spese processuali sostenute dall'attore.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza: in accoglimento della domanda di A. S., Gabriella P., Enrica P. Gianfranco P. e Michela P.,
- dichiara la nullità del contratto violazione dell'art. 23 del Decreto legislativo n.58/98 da parte della convenuta e condanna BIPIELLE società di gestione credito s.p.a, nella qualità di procuratrice speciale di Banca Popolare di Lodi s.c.a.r.l. a corrispondere a controparte la somma di € 734.192,17, oltre interessi legali dal 31.1.2001 al saldo;
- respinge ogni altra domanda,
- condanna la parte convenuta al pagamento delle spese processuali, che liquida in favore degli attori complessivamente in € 5.300,00, di cui € 2.142,00 per competenze ed € 3.900,00 per onorari, oltre IVA, CPA e 12,5% rimborso spese generali.