Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33381 - pubb. 10/07/2025

Il Tribunale di Varese sull’eccezione di inadempimento sollevata dal curatore rispetto alla pretesa di pagamento del professionista

Tribunale Varese, 23 Giugno 2025. Pres. Papa. Est. Tagliapietra.


Compenso del sindaco – Opposizione allo stato passivo – Eccezione di inadempimento del curatore – Onere della prova



La decisone in rassegna, con riferimento alla eccezione di inadempimento sollevata dal curatore del fallimento rispetto alla domanda di ammissione al passivo del credito costituente il compenso del sindaco, riepiloga i principi che regolano la materia, il riparto dell’onere probatorio ed il rapporto con l’eventuale giudizio di responsabilità pendente:


«Nel merito, va generalmente osservato che l’art. 2403 c.c., così come riformato dal d.lgs. n. 6/2003, disciplina i doveri del Collegio sindacale, prevedendo che lo stesso “vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Esercita inoltre il controllo contabile nel caso previsto dall'articolo 2409bis, terzo comma”.
Sui sindaci grava, pertanto, il dovere di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società, nonché sul suo concreto funzionamento.
La legge non investe l’organo sindacale di un controllo di merito delle scelte gestorie adottate dall’organo amministrativo, ma si sostanzia in una verifica circa la conformità dell’azione amministrativa alle regole ed alle prassi elaborate dalla scienza aziendalistica, riguarda, pertanto, esclusivamente gli aspetti di legittimità delle scelte stesse e la verifica della correttezza del procedimento decisionale.
La vigilanza sul procedimento decisionale adottato dagli amministratori, pertanto, si esercita verificando se le scelte gestionali siano ispirate al principio di corretta informazione e di ragionevolezza e se siano congruenti e compatibili con le risorse e il patrimonio di cui la società dispone.
I sindaci accertano, sulla base delle informazioni ricevute, che gli amministratori non compiano operazioni estranee all'oggetto sociale, manifestamente imprudenti, azzardate e palesemente idonee a pregiudicare l'integrità del patrimonio sociale e volte a prevaricare o modificare i diritti attribuiti dalla legge o dallo statuto ai singoli soci.
Per quanto attiene, invero, all'adeguatezza dell'assetto organizzativo è compito dei sindaci quello di accertare l'esistenza di adeguate procedure interne, nonché di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dei flussi informativi generati da tali procedure.
Mentre, in relazione all’assetto amministrativo e contabile, è compito dei sindaci verificarne l’adeguatezza, ossia che vi sia una completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione, la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale nonché la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d'esercizio.
Ai sensi del comma secondo della predetta disposizione, tra le attribuzioni del collegio sindacale vi può rientrare, per espressa previsione statutaria, anche la revisione legale dei conti, purché si tratti di società chiuse non tenute all’adozione del bilancio consolidato; qualora la revisione legale sia affidata ad un soggetto esterno, l’attività di vigilanza dovrà essere limitata all’accertamento di violazioni evidenti e macroscopiche.
La funzione primaria, pertanto, del Collegio Sindacale è il controllo legale, cui segue la funzione secondaria ed eventuale della revisione legale.
Per l'adempimento dei compiti riservatigli dalla legge il collegio sindacale, ed ogni suo componente, è titolare di una serie di poteri che lo pongono senz'altro in condizione di assolvere compiutamente ed efficacemente l'incarico.
Esso può, infatti, procedere, in ogni momento, ad atti di ispezione e controllo, nonché chiedere informazioni agli amministratori su ogni aspetto dell'attività sociale o su determinati affari (art. 2403bis c.c.) e deve convocare l'assemblea societaria quando ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità (art. 2406 c.c.); inoltre, può denunziare al Tribunale le gravi irregolarità commesse dall'amministratore, per consentire all'Autorità giudiziaria di intraprendere le iniziative di sua competenza (art. 2409 c.c.).
Come più volte è stato ribadito in costanti pronunce della Corte di Cassazione, sia in sede penale che in sede civile (Cass., nn. 17393/2006, 5263/1993), l'obbligo di vigilanza dei sindaci e del collegio sindacale (oltre a riguardare la regolare tenuta della contabilità, nei casi contemplati dall'art. 2409bis c.c.) si estende al contenuto della gestione, perché la previsione della prima parte del primo comma dell'art. 2403 c.c. deve essere correlata con tutte le altre norme che conferiscono ai sindaci il potere- dovere di chiedere agli amministratori notizie sull'andamento delle operazioni e su determinate operazioni quando queste possono suscitare, per le modalità della loro scelte o della loro esecuzione, delle perplessità (Cass., n. 44107/2018).
La giurisprudenza civile ha anche precisato che, in tema di responsabilità degli organi sociali, per la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall'art. 2407, comma 2, c.c. non è richiesta l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al Tribunale per consentirgli di provvedere ai sensi dell'art. 2409 c.c (Cass., n. 16314/2017).
L’art. 2407 c.c., infatti, prevede che “i sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio”.
La norma, invero, delinea il criterio in base al quale i sindaci devono adempiere ai propri obblighi di vigilanza e fissa pertanto i presupposti per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità nei loro confronti. In caso di omissione della dovuta vigilanza, i sindaci sono solidalmente responsabili con gli amministratori per i danni derivanti da atti che avrebbero potuto e dovuto impedire e che non si sarebbero verificati laddove l'organo di controllo avesse esercitato diligentemente le proprie attribuzioni.
Ciò posto in ordine ai principi generali che caratterizzano l’attività dei sindaci, va ulteriormente specificato come l’attività di componente del collegio sindacale è riconducibile alla figura del mandato professionale oneroso, posto che sull’organo nominato gravano, come anzidetto, i doveri di cui all’art. 2403 c.c., da assolvere anche mediante i poteri conferiti ai sensi degli artt. 2403-bis e 2409, comma 7, c.c., con rispettivo diritto alla retribuzione a carico della società ai sensi dell’art. 2402 c.c..
Ne consegue che, secondo orientamento costante della Corte di Cassazione, il curatore del fallimento, nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal sindaco al compenso asseritamente maturato, è legittimato a sollevare l'eccezione d'inadempimento, secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale, facendo valere, se del caso, la negligente o incompleta esecuzione, ad opera del professionista istante, della prestazione di vigilanza dovuta.
Resta per contro, a carico di quest'ultimo l'onere di dimostrare, a fronte delle circostanze dedotte e provate dal curatore, di aver, invece, esattamente adempiuto per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera (Cass. SS.UU. n. 42093/2021).
In tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, infatti, il creditore che agisca per l'adempimento deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. SS.UU n. 13533/2001).
Si tratta, peraltro, di un criterio di riparto dell'onere della prova applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell'eccezione d'inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., poiché il debitore eccipiente può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento o l'inesatto adempimento alle obbligazioni assunte dal creditore (di cui deve dedurre e dimostrare il fatto costitutivo), spettando, per contro, a chi ha agito in giudizio l'onere di provare di aver esattamente adempiuto alle stesse (Cass. SS.UU nn. 13533/2001; Cass. nn. 3373/2010; 26/2015; 3527/2021).
L’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. integra una causa impeditiva ex art. 2697, comma 2, c.c. del diritto di credito azionato e postula l'allegazione, da parte dell’eccipiente, di uno specifico comportamento negligente e la doverosità della condotta non tenuta in relazione al mandato ricevuto (Cass. n.13207/2021).
Il curatore, pertanto, ha onere di allegare, in relazione alle circostanze di fatto del caso, l'inadempimento del sindaco al suo dovere di vigilanza sull'attività di gestione della società ex art.
2403 c.c., mentre spetta poi a quest'ultimo il compito di provare il fatto estintivo di tale dovere, costituito dall'avvenuto esatto adempimento, e cioè di aver adeguatamente vigilato sulla condotta degli amministratori, attivando, con la diligenza professionale dallo stesso esigibile in relazione alla situazione concreta, i poteri-doveri inerenti alla carica, così come sopra delineati.
Resta, pertanto, a carico del professionista l'onere di dimostrare l'esattezza del suo adempimento per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera ovvero l'imputazione a fattori esogeni, imprevisti e imprevedibili, dell'evoluzione negativa della procedura, culminata nella sua cessazione e nel conseguente fallimento (Cass. nn.18705/2016, 25584/2018).
Tali principi valgono anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, essendo sufficiente per il creditore istante - o per il debitore che ha sollevato l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. - la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sulla controparte l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (Cass. n. 20891/2019).
In particolare, nel caso dell'insinuazione al passivo dei compensi maturati dai componenti del collegio sindacale della società poi soggetto a liquidazione giudiziale, gli organi della procedura sono legittimati, al fine di respingerne le istanze, ad eccepire l'inadempimento da parte degli stessi ai propri doveri istituzionali in favore della società in bonis e, per effetto della proposizione di tale eccezione, i sindaci interessati, ai fini dell’ammissione al passivo del proprio credito, sono tenuti a fornire la prova di avere correttamente e fedelmente adempiuto il mandato ricevuto.
Il medesimo inadempimento posto dalla Curatela a fondamento dell'eccezione ex art. 1460 c.c., dotata unicamente di efficacia sospensiva dell'obbligo di corresponsione al sindaco della controprestazione da parte dell'eccipiente, ben può essere posto ulteriormente alla base dell'affermazione di un profilo di responsabilità rilevante ex art. 2407, comma 2, c.c., idoneo, a sua volta, a fondare una pretesa risarcitoria in capo alla stessa per il ristoro del danno subito per effetto delle condotte negligenti dell'organo di vigilanza (Tribunale di Milano, 26 febbraio 2024, n. 2021).
In questa sede, pertanto, devo essere valutati solamente l’esistenza dei presupposti ai fini della maturazione del compenso del sindaco per l’attività espletata, accertando, pertanto, l’eventuale inadempimento ai doveri istituzionali verso la società, mentre ogni valutazione in ordine alla quantificazione di un eventuale danno derivante dalle condotte tenute, verrà condotta nell’idonea sede di merito.
Al riguardo, infatti, va specificato come la contemporanea pendenza - così come nel caso di specie - di un’azione di responsabilità, instaurata dal curatore fallimentare nei confronti di un sindaco della società fallita e di una opposizione allo stato passivo, instaurata dal medesimo sindaco per il riconoscimento del compenso per l’attività svolta, non giustifica né l’ammissione del credito con riserva, che è consentita solo nei casi tassativamente indicati nell’art. 96, comma 2, l. fall., né la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. del giudizio di opposizione al passivo, in quanto in sede di verifica del passivo il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere dal creditore (Cass., n. 3804/2022).
Le due azioni, pertanto, sono autonome e regolate, anche, da un diversa ripartizione degli oneri probatori, considerato che nel giudizio di responsabilità “la prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo degli organi della società fallita spetta all’attore, secondo le regole generali, mentre al convenuto incombe la dimostrazione della non imputabilità dell’evento dannoso alla sua condotta” (Cass., n. 30383/2022), provando di aver osservato i doveri ed adempiuto gli obblighi imposti a tali organi dalla legge.
Il giudizio, pertanto, da svolgere nella presente sede, circa l’intervenuto adempimento del sindaco ai propri doveri istituzionali verso la società postula: - la prova dell’effettuazione da parte dei sindaci di tutte le attività proattive di natura ispettiva, consultiva e di controllo della legittimità sostanziale dell’operato degli amministratori, rientranti nella cd. vigilanza in senso stretto, volte a rilevare e prevenire potenziali atti di mala gestio compiuti dagli organi sociali; - la prova positiva, nel caso di rilevati atti di negligente amministrazione, del tempestivo espletamento delle opportune attività reattive di segnalazione e sollecitazione degli organi competenti, al fine di evitare ovvero di contenere il prodursi di un danno a carico della società o dei soci di essa.» (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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