Diritto Fallimentare
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 253 - pubb. 01/01/2007
Revocatoria bancaria e scientia decoctionis
Tribunale Cuneo, 15 Dicembre 2005. Est. Tetamo.
Revocatoria bancaria – Scientia decoctionis – Elementi presuntivi – Crisi del gruppo – Rilevanza
Costituiscono segni evidenti e più che idonei a provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca la revoca degli affidamenti, il congelamento di fatto del conto corrente, l’accordo per un rientro rateale dell’esposizione. La scientia decoctionis può, inoltre, essere desunta dal fatto che la banca, all’epoca in cui sono state eseguite le rimesse oggetto di revocatoria, era al corrente della crisi del gruppo cui apparteneva la società fallita e conosceva la vita finanziaria delle imprese che ne facevano parte. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)
Segnalazione dell'Avv. Domenico Mirante
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la Laterforni srl in amministrazione straordinaria, con sede in Fossano, in persona del Commissario Straordinario, premesso che il Tribunale di Cuneo con sentenza 3 aprile 2000 aveva dichiarato lo stato di insolvenza ex artt. 3 e 81 D.Lgs. 8.7.1999 n. 270 di alcune società del c.d. gruppo Bongiovanni, tra cui la stessa Laterforni srl, conveniva in giudizio la Banca Popolare dell'Emilia Romagna - Società Cooperativa a r.l. - con sede in Modena, con cui la srl amministrata aveva intrattenuto un rapporto di conto corrente bancario presso la sede di Verona dell'istituto, onde sentir dichiarare la inefficacia ex artt. 67 comma 2 legge fallimentare e 49 D.Lgs. 270/99 di alcune rimesse di natura solutoria effettuate nell'anno antecedente la dichiarazione dello stato di insolvenza, revocabili alla stregua di altrettanti pagamenti di debiti liquidi ed esigibili.
Precisava l'attrice trattarsi di tre rimesse per vecchie lire 13.000.000 ciascuna per complessivi € 20.141,82 avvenute in dota 8 aprile 1999, 6 maggio 1999 e, rispettivamente, 8 giugno 1999, che riducevano il saldo negativo dei conto sino a vecchie lire 27.934,761; che la Banca, in aggiunta alla riduzione, aveva incamerato somme a titolo di commissioni, spese, competenze e bolli; che dal giugno 1999 la banca, all'esito di un incontro tra gli istituti di credito e le società facenti parte del "Gruppo Bongiovanni" diretto a verificare le possibilità di un salvataggio del Gruppo, aveva congelato l'operatività del conto e dunque della provvista esistente non consentendo prelievi, bonifici o emissione di assegni; che non rilevava l'eventuale sussistenza di una o più linee di affidamento destinate all'anticipo su carta commerciale; che andava seguito il criterio della c.d. "interpolazione", elaborato dalla Suprema Corte, per classificare le movimentazioni del conto in subiecta materia; che la crisi del Gruppo Bongiovanni aveva acquisito pubblica rilevanza anche alla luce delle concomitanti notizie di stampa che avevano riferito anche dei menzionati incontri con gli istituti di credito, ripetutisi nel luglio 1999, ed all'esito dei quali la convenuta aveva negato la propria disponibilità ad un piano di salvataggio chiedendo il rientro immeditato.
Chiedeva pertanto la condanna della convenuta al pagamento di somma corrispondente a quella delle rimesse revocate.
Si costituiva in giudizio la Banca convenuta che contestava la pretesa eccependo la carenza di prova in ordine all'allegato congelamento della operatività del conto su iniziativa dell'istituto, e soprattutto, negando la conoscenza dello stato di insolvenza della srl Laterforni all'epoca delle rimesse, rilevando che gli articoli di stampa prodotti dalla procedura avevano avuto diffusione solo nell'ambito della città di Fossano dove aveva sede la ditta, laddove il conto era stato aperto a Verona; che l'impegno della Laterforni con l'istituto era stato modesto; di non avere preso parte alla riunione tra le banche del 26 luglio 1999 presso l'Unione Industriali di Cuneo, e che non rilevava la non adesione allo asserito piano di salvataggio, come tale per altro non risultandole essendo stato inteso solo come una semplice ristrutturazione finanziaria di un "gruppo" dotato di sani fondamenti economici; che non vi erano neppure elementi che potessero indurre una richiesta di chiarimento o delucidazioni.
All'esito della udienza ex art. 180 c.p.c., l'attrice depositava memoria con cui evidenziava: che dalla semplice lettura delle movimentazioni del conto ne risultava il "congelamento", e dunque la natura solutoria delle rimesse in quanto destinate a ridurre il saldo negativo;
che con lettera 2.11.1998 la Banca aveva revocato tutti gli affidamenti concessi alla Laterforni, in particolare uno da lire 100.000.000 concesso il 24.10.1996, concordando in seguito un rimborso a rate mensili ciascuna di importo pari a quello dei versamenti oggetto di causa; che le notizie di stampa erano apparse anche su quotidiani a diffusione nazionale; che la Banca aveva ricevuto lettere dal Gruppo Bongiovanni da cui emergeva lo stato di crisi anche delle consociate; che affidamenti erano stati revocati nel 1999 anche alla Bongiovanni System srl facente parte dello stesso "gruppo": che la scientia decoctionis poteva essere provata mediante presunzioni e dalla lettura dei bilanci depositati, ivi compresi quelli consolidati del Gruppo.
Esaurite le attività di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c., con ordinanza riservata 28.2.2005 erano rigettate le istanze istruttorie avanzate da parte convenuta.
La causa era quindi trattenuta in decisione all'udienza dei 15 luglio 2005 sulle conclusioni in epigrafe trascritte, con termini ordinari per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Premesso che le rimesse oggetto della azione revocatoria ammontano a vecchie lire 13.000.000 ciascuna. per complessivi € 20.141,82, e che è pacifico che siano state eseguite nel periodo annuale rilevante ex art. 67 comma 2 l. fall. essendo avvenute in data 8 aprile 1999, 6 maggio 1999 e, rispettivamente, 8 giugno 1999, a fonte di una dichiarazione dello stato di insolvenza della Laterforni srl pronunciata dal Tribunale di Cuneo con sentenza 3 aprile 2000, al fine di accertarne la revocabilità sotto il profilo oggettivo, dovendosi equiparare a pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, occorre seguire il condivisibile criterio individuato dalla Suprema Corte, secondo cui: "...In tema di revocatoria fallimentare, per sancire la revocabilità delle rimesse del fallito su di un conto corrente bancario è necessario far riferimento al criterio della disponibilità del conto da parte del correntista al momento della rimessa, non necessariamente coincidente con il saldo per valuta o con quello contabile delle operazioni risultanti dall'estratto conto.
A tal fine, quando, nel periodo considerato, emergano solo operazioni di rimesse di titoli all'ordine o di carte commerciali, può legittimamente presumersi la coincidenza del saldo disponibile con il saldo per valuta, salva la prova, da parte della banca, dell'anteriorità del pagamento da parte del terzo rispetto alla valuta, o, comunque, della anteriorità della disponibilità da parte del cliente; ove, invece, nel detto periodo emergano soltanto operazioni implicanti disponibilità immediata da parte del correntista, il dato contabile coincide con quello di disponibilità; qualora, infine, nel ricordato periodo appaiano sul conto sia operazioni su titoli, sia movimenti per i quali la disponibilità coincide con la data dell'operazione (prelievi o versamenti in contanti, emissione di assegni da parte del correntista), il saldo disponibile deve essere ricostruito secondo un'interpolazione tra i dati per valuta e quelli contabili, o seconda del tipo di operazione." (Cass. 19.1.1998 n. 462 e Cass. 26.1.1999 n. 686).
Orbene; nel caso in esame, sono dati documentali:
a) che in dato 2.1 1.1998 - dunque ben prima delle rimesse in esame - la Banca convenuta revocava con effetto immediato le linee di credito concesse alla Laterforni, segnatamente: l'apertura di credito in conto corrente n.659415 di lire 100.000,000; il fido promiscuo di lire 500.000.000 utilizzabile per accensione finanziamenti in valuta all'esportazione, accensione anticipi fatture Italia ed estere, presentazioni di portafoglio (doc. 19 attrice);
b) che in data 22 dicembre 1998 (doc. 20 attrice) veniva accettata dall'istituto la proposta di "rimborso rateale" del credito. comprensivo di interessi, formulata dalla debitrice con versamenti di "n. 8 rate mensili di lire 13.000.000 salvo conguaglio a partire a partire dal 5.1.1999", con significativa coincidenza tra l'ammontare delle rate e quello delle rimesse in esame;
c) che nel successivo periodo, in quanto rilevante ai fini della revocatoria, al di là dell'addebito periodico di commissioni, competenze, spese e bolli, non si riscontra sul conto (doc. 9) alcuna ulteriore operazione al di fuori delle rimesse in esame, eseguite mediante giroconto o bonifico, che andavano dunque a ridurne il saldo negativo.
Agevole dunque attribuire natura solutoria alle rimesse, in quanto inequivocabilmente dirette a ridurre la esposizione debitoria non certo a ripristinare una provvista.
Quanto alla verifica della conoscenza dello stato di insolvenza da parte della convenuta, occorre nuovamente attenersi al costante insegnamento della Suprema Corte secondo cui: "...In tema di revocatoria fallimentare di pagamenti relativi a crediti liquidi ed esigibili (art. 67, comma secondo, legge fallimentare), la prova della conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore poi fallito, può legittimamente fondarsi su elementi indiziari caratterizzati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza".
In particolare, per quanto maggiormente interessa "...per il raggiungimento della prova della "scientia decoctionis" con il mezzo delle presunzioni non basta una astratta conoscibilità oggettiva accompagnata da un presunto dovere di conoscere, sicché la qualità di banca di colui che entra in contatto con l'insolvente rileva, non di per sé, neppure se correlata al parametro, del tutto teorico, del creditore avveduto, ma solo in presenza di concreti collegamenti di quel creditore con i sintomi conoscibili dello stato di insolvenza; in tal senso dovendosi dare rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui si è trovato ad operare, nella specifica situazione, l' "accipiens", ed in quest'ambito anche all'attività professionale da esso esercitata ed alle regole di prudenza ed avvedutezza che caratterizzano concretamente, indipendentemente da ogni doverosità, l'operare della categoria dl appartenenza". (Nella specie la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, osservava che la sentenza impugnata aveva correttamente fondato la prova della "scientia decoctionis", non sulla mera qualità professionale della banca ma sulla esistenza di segni esteriori dello stato di insolvenza - notizie di stampa; risultati del bilancio; protesti - e sulla percezione di tali sintomi da parte di quel soggetto professionalmente qualificato; cfr. Cass. 7.2.2001 n. 1719).
Orbene, nel caso di specie, è individuabile una pluralità di elementi idonei a comprovare con sicurezza la conoscenza dello stato di insolvenza della Laterforni da parte dell'attuale convenuta al momento delle rimesse oggetto di causa.
In proposito, giova altresì ricordare che la prevalente giurisprudenza di legittimità e di merito, con orientamento pienamente condivisibile, ritiene che la prova della scientia decoctionis di un'impresa che ha effettuato i pagamenti può essere desunta in via presuntiva dalla dimostrazione della conoscenza da parte del creditore della crisi del gruppo alla quale la società debitrice appartiene, nonché della vita finanziaria di tutte le imprese del gruppo (cfr. App. Bari 31.12.2001 ed anche Cass. 3.6.1995 n. 6285).
Passando quindi ad esaminare i singoli indizi rilevanti a questo proposito, si devono evidenziare anzitutto la revoca degli affidamenti accompagnata dall'invito a prendere contatto con l'istituto "...al fine di concordare le modalità di rimborso della esposizione...", ed a successiva adesione al piano di rientro proposto dalla debitrice in epoca anteriore alle rimesse cui si è poc'anzi accennato (docc, 19 e 20), comportamenti univocamente rivelatori, in difetto di elementi contrari che la Banca convenuta avrebbe dovuto offrire, della conoscenza delle difficoltà finanziarie e patrimoniali che slava attraversando la srl convenuta, e dunque del suo stato di insolvenza.
In secondo luogo, va sottolineato come nel luglio 1999 presso l'Unione industriale di Cuneo era stata organizzata una riunione tra le banche che operavano con il "Gruppo Bongiovanni" di cui faceva parte la Laterforni, e gli amministratori del Gruppo al fine di concordare un piano di salvataggio.
Dalla documentazione relativa all'incontro emerge che la Banca convenuta, pur non avendo presenziato (come altre) alla riunione cui era stata ovviamente invitata (tanto che la relazione 27.7.1999 sullo svolgimento della riunione le veniva inviata), in data 3 agosto 1998 aveva chiesto il "rientro immediato" mostrando di non aderire ad alcun progetto (cfr. docc. 15, 16 e 36 attorei).
Si tratta di atteggiamento tenuto dall'istituto a strettissimo ridosso di tempo dalle operazioni considerate, precedenti di solo pochi mesi, che non può che rafforzare il convincimento che, anche in concomitanza con le rimesse, la Banca fosse a conoscenza delle gravi ed irreversibili difficoltà finanziarie del Gruppo e dunque, in applicazione dei principio giurisprudenziale poc'anzi menzionato, della stessa Laterforni che ne faceva parte.
Aggiungasi che nella stessa relazione inviata alla convenuta (docc. 15, 36) si legge che "...è stato evidenziato e ben puntualizzato che si rende indispensabile e improcrastinabile l'adesione entro il 7 agosto p.v. di tutti gli Enti bancari alla richiesta da noi formulata in ordine ai mantenimento degli affidamenti esistenti al 30 settembre 1998.... Qualora entro il 7 agosto p.v. ciò malauguratamente non dovesse verificarsi..... dovremmo provvedere a richiedere l'applicazione della Legge Prodi." (normativa che, come è noto presuppone lo stato di insolvenza del debitore, che dunque non poteva giungere come "fulmine a ciel sereno" alle orecchie degli organi di controllo dell'istituto convenuto).
In tale chiarissimo contesto è superfluo soffermarsi sugli ulteriori e elementi evidenziati dalla procedura attrice (notizie di stampai notizie centrale rischio, analisi di bilancio: dunque inutile il ricorso olia CTU), laddove è sufficiente richiamare il contenuto della ordinanza 28.2.2005 che rigettava le istanze istruttorie avanzate dalla difesa della convenuta, stante in particolare la irrilevanza delle circostanze di cui ai capitoli 8 e ss. oggetto della prova testimoniale dedotta in quanto comunque inidonee a smentire la efficacia probatoria degli elementi esaminati, tratti da dati documentali.
Si devono quindi revocare. ex orti 67, comma 2, I. fall., le rimesse indicate nel prospetto redatto dalla parte attrice e, conseguentemente, condannare la convenuta a pagare alla Laterforni S.p.a., in amministrazione straordinaria, la complessiva somma di E 20.141,82, oltre agli interessi al tasso legale dalla data della domanda (l 7.1.2004) fino all'effettivo saldo.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo come da nota, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando tra le parti, casi decide:
a) dichiara tenuta e condanna la Banca Popolare dell'Emilia Romagna - Società Cooperativa a r.l. - a pagare alla Laterforni srl , in amministrazione straordinaria, la complessiva somma di € 20.141,82", oltre agli interessi al tasso legale da 17.1.2004 fino all'effettiva saldo;
b) condanna la convenuta a rifondere all'attrice le spese tutte di lite che liquida come da nota oltre IVA e CPA.