Diritto Bancario e Finanziario
Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 33526 - pubb. 06/09/2025
Mutuo, regolarità dei pagamenti e condotta della banca contraria a buona fede
Tribunale Brindisi, 04 Luglio 2025. Est. Natali.
Mutuo – Esecuzione – Regolarità dei pagamenti – Ritardo nel solo breve intervallo temporale corrispondente all’emergenza Covid – Decadenza dal beneficio del termine – Dichiarazione – Condotta della banca – Abusività per contrarietà a buona fede oggettiva – Configurabilità
Buona fede e correttezza – Fondamento costituzionale – Art. 2 – Principio consolidato – Ammissibilità
Buona fede e correttezza – Contenuto – Limiti – Configurabilità
Buona fede e correttezza – Materia negoziale – Contenuto – Fonte di obblighi ulteriori rispetto all’obbligo di prestazione riveniente dal contratto – Configurabilità
Buona fede e correttezza – Principio generale valevole al di fuori della sede negoziale – Configurabilità
Buona fede e correttezza – Abuso del diritto – Rapporti – Il secondo come criterio rivelatore della seconda – Configurabilità – Conseguenze rimediali – Risarcitoria – Disapplicativa della regola negoziale – Configurabilità
Abuso del diritto – Fondamento normativo interno – Art. 833 c.c. – Divieto di atti emulativi – Configurabilità
Abuso del diritto – Fondamento normativo sovranazionale – Art. 54 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea – Configurabilità – Trattato di Lisbona – Comunitarizzazione – Configurabilità
Abuso del diritto – Elementi costitutivi – Configurabilità
Abuso del diritto – Tutela accordata – Exceptio doli generalis – Configurabilità
La condotta della banca che, nonostante la regolarità dei pagamenti dell’opponente, con l’esclusione del breve intervallo temporale, corrispondente all’emergenza Covid, abbia deciso di avvalersi di uno strumento - particolarmente, invasivo, nelle sue conseguenze giuridiche – della decadenza dal beneficio del termine, deve considerarsi abusiva per contrarietà a buona fede oggettiva.
Buona fede e correttezza hanno, secondo la prevalente e preferibile ricostruzione teorica, un fondamento costituzionale e precisamente, il principio de quo – il quale, secondo la Relazione ministeriale al Codice Civile, “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore” – opera come un criterio di reciprocità e, una volta collocato nel quadro di valori introdotto dalla Carta Costituzionale, deve essere inteso come una specificazione degli “inderogabili doveri di solidarietà sociale” dettati dall’art. 2 Cost..
Il principio di buona fede e correttezza si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal generale dovere extracontrattuale del “neminem laedere”, ma trova, tuttavia, un suo limite precipuo nell’impossibilità che il comportamento preteso dalle parti contrattuali (o, in genere, dai consociati, ove non legati da un rapporto negoziale) possa comportare un apprezzabile sacrificio a carico delle stesse (o degli stessi).
La buona fede oggettiva ha assunto valenza di fonte di obblighi ulteriori rispetto all’obbligo di prestazione riveniente dal contratto, che si pongono in posizione ancillare rispetto a quest’ultimo, assicurando la realizzazione dell’assetto di interessi prospettato dalle parti.
Il principio ha assunto una valenza generale in virtù del combinato disposto degli art. 1375 e 1175 c.c.. che, dettati in materia contrattuale, si considerano espressione di un principio generale volto a conformare la condotta dei consociati anche al di fuori della sede contrattuale – e, quindi, in ambito extracontrattuale - tanto da considerare lo stesso quale una declinazione del più generale dovere del neminem laedere.
Deve ritenersi che l’abuso del diritto rappresenti uno dei criteri rivelatori della violazione del principio di buona fede oggettiva cui, talvolta, deve riconoscersi – in alternativa all’idoneità ad a generare un obbligo a contenuto risarcitorio - una funzione disapplicativa della regola negoziale o, comunque, di paralisi della singola pretesa azionata da una delle parti del rapporto.
Quanto al fondamento normativo del principio dell’abuso del diritto, come noto, nel nostro Codice non esiste una norma che sanzioni, in via generale, l’abuso del diritto; ciò, per quanto si ancori lo stesso, in materia proprietaria e di rapporti di vicinato, al divieto di atti emulativi ex art. 833 c.c., quale ipotesi paradigmatica di deviazione dell'esercizio di un diritto dal suo scopo tipico, ovvero da quello cristallizzato dalla norma attributiva dello stesso.
Il principio de quo ha conosciuto una positivizzazione, a livello sovranazionale ed, in particolare, comunitario, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, all’art. 54 (“Divieto dell’abuso del diritto”) che, dopo l’entrata in vigore (nel 2009) del Trattato di Lisbona, ha assunto il medesimo valore giuridico dei trattati comunitari e delle norme comunitarie direttamente applicabili, perché sufficientemente determinate nel loro contenuto precettivo, godendo della c.d. primazia sulle norme interne.
Elementi costitutivi dell’abuso del diritto sono i seguenti: 1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte; 5) il mero dolo generico della condotta, prescindendo la verifica giudiziale del carattere abusivo o meno della condotta prescinde dal dolo e dalla specifica intenzione di nuocere alla propria controparte contrattuale o, in genere, ad un terzo: elementi questi tipici degli atti emulativi, ma non delle fattispecie di abuso di potere contrattuale o di dipendenza economica.
La tutela riconosciuta al contraente che ha subito l'abuso del diritto è, infatti, l’exceptio doli generalis - quale rimedio di natura oggettiva, essendo sufficiente la prova della mera conoscenza o della conoscibilità della contrarietà alla correttezza del comportamento posto in essere - che attribuisce al titolare la possibilità di opporsi ad un’altrui pretesa o eccezione, astrattamente fondata ma che, in realtà, costituisce espressione di uno scorretto esercizio di un diritto, volto al soddisfacimento di interessi non meritevoli di tutela per l’ordinamento giuridico. (Antonio Ivan Natali) (riproduzione riservata)
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